martedì 30 giugno 2015

Sentenza della Corte di Giustizia Europea del 26 novembre 2014 (terza sezione) Estratto

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)
26 novembre 2014 (*)
«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato – Successione di contratti di lavoro a tempo determinato – Insegnamento – Settore pubblico – Supplenze di posti vacanti e disponibili in attesa dell’espletamento di procedure concorsuali – Clausola 5, punto 1 – Misure di prevenzione del ricorso abusivo ai contratti a tempo determinato – Nozione di “ragioni obiettive” che giustificano tali contratti – Sanzioni – Divieto di trasformazione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato – Risarcimento del danno»
(...) Omissis
Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:
La clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell’allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che autorizzi, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per l’espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi possibilità, per tali docenti e detto personale, di ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo. Risulta, infatti, che tale normativa, fatte salve le necessarie verifiche da parte dei giudici del rinvio, da un lato, non consente di definire criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di tali contratti risponda effettivamente ad un’esigenza reale, sia idoneo a conseguire l’obiettivo perseguito e sia necessario a tal fine, e, dall’altro, non prevede nessun’altra misura diretta a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato.
Firme

Il diritto italiano- Contratti a tempo detreminato settore pubblico

Il diritto italiano
11      L’articolo 117, primo comma, della Costituzione della Repubblica italiana prevede che «[l]a potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dal [diritto dell’Unione] e dagli obblighi internazionali».
12      In Italia, il ricorso a contratti a tempo determinato nel settore pubblico è disciplinato dal decreto legislativo del 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche (supplemento ordinario alla GURI n. 106, del 9 maggio 2001; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 165/2001»).
13      L’articolo 36, comma 5, di tale decreto, come modificato dalla legge del 3 agosto 2009, n. 102, relativa alla conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge del 1º luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali (supplemento ordinario alla GURI n. 179 del 4 agosto 2009), intitolato «Forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale» dispone quanto segue:
«In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative (…)».
14      Secondo le ordinanze di rinvio, il lavoro a tempo determinato nella pubblica amministrazione è altresì soggetto al decreto legislativo del 6 settembre 2001, n. 368, recante attuazione della direttiva 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso dall’UNICE, dal CEEP e dal CES (GURI n. 235, del 9 ottobre 2001; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 368/2001»).
15      L’articolo 5, comma 4 bis, di tale decreto legislativo è formulato come segue:
«Ferma restando la disciplina della successione di contratti di cui ai commi precedenti, e fatte salve diverse disposizioni di contratti collettivi stipulati a livello nazionale, territoriale o aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, qualora per effetto di successione di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti il rapporto di lavoro fra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore abbia complessivamente superato i trentasei mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, indipendentemente dai periodi di interruzione che intercorrono tra un contratto e l’altro, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato (…)».
16      Ai sensi dell’articolo 10, comma 4 bis, di detto decreto legislativo, come modificato dall’articolo 9, comma 18, del decreto legge del 13 maggio 2011, n. 70 (in prosieguo: il «decreto legge n. 70/2011»), convertito in legge del 12 luglio 2011, n. 106 (GURI n. 160, del 12 luglio 2011):
«(…) sono altresì esclusi dall’applicazione del presente decreto i contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente ed ATA [amministrativo, tecnico ed ausiliario], considerata la necessità di garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo anche in caso di assenza temporanea del personale docente ed ATA con rapporto di lavoro a tempo indeterminato ed anche determinato. In ogni caso non si applica l’articolo 5, comma 4-bis, del presente decreto».
17      Per quanto riguarda il personale docente e amministrativo, tecnico ed ausiliario, la disciplina del rapporto di lavoro a tempo determinato è contenuta nell’articolo 4 della legge del 3 maggio 1999 n. 124, recante disposizioni urgenti in materia di personale scolastico (GURI n. 107, del 10 maggio 1999), come modificata dal decreto legge del 25 settembre 2009 n. 134, convertito, con modificazioni, dalla legge del 24 novembre 2009 n. 167 (GURI n. 274, del 24 novembre 1999; in prosieguo: la «legge n. 124/1999»). Secondo il giudice del rinvio nelle cause C‑22/13 e da C‑61/13 a C‑63/13, è pacifico che tale legge si applica solo alla scuola statale. Detta legge non si applica, invece, alla scuola comunale, che resta soggetta ai decreti legislativi n. 165/2001 e n. 368/2001.
18      Ai sensi dell’articolo 4 della legge n. 124/1999:
«1.      Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento che risultino effettivamente vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, qualora non sia possibile provvedere con il personale docente di ruolo delle dotazioni organiche provinciali o mediante l’utilizzazione del personale in soprannumero, e sempreché ai posti medesimi non sia stato già assegnato a qualsiasi titolo personale di ruolo, si provvede mediante il conferimento di supplenze annuali, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale docente di ruolo.
2.      Alla copertura delle cattedre e dei posti di insegnamento non vacanti che si rendano di fatto disponibili entro la data del 31 dicembre e fino al termine dell’anno scolastico si provvede mediante il conferimento di supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche. Si provvede parimenti al conferimento di supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche per la copertura delle ore di insegnamento che non concorrono a costituire cattedre o posti orario.
3.      Nei casi diversi da quelli previsti ai commi 1 e 2 si provvede con supplenze temporanee.
(…)
6.      Per il conferimento delle supplenze annuali e delle supplenze temporanee sino al termine delle attività didattiche si utilizzano le graduatorie permanenti di cui all’articolo 401 del testo unico, come sostituito dal comma 6 dell’articolo 1 della presente legge.
(...)
11.      Le disposizioni di cui ai precedenti commi si applicano anche al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) (…)
(…)
14 bis. I contratti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze previste dai commi 1, 2 e 3, in quanto necessari per garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo, possono trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato solo nel caso di immissione in ruolo, ai sensi delle disposizioni vigenti e sulla base delle graduatorie (…)».
19      Ai sensi dell’articolo 1 del decreto del Ministero della pubblica istruzione del 13 giugno 2007, n. 131 (in prosieguo: il «decreto n. 131/2007»), gli incarichi dei docenti e del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario della scuola statale sono di tre tipi:
–        supplenze annuali, su posti vacanti e disponibili, in quanto privi di titolare;
–        supplenze temporanee fino al termine delle attività didattiche, su posti non vacanti, ma ugualmente disponibili;
–        supplenze temporanee per ogni altra necessità, ossia supplenze brevi.
20      L’immissione in ruolo di cui all’articolo 4, comma 14 bis, della legge n. 124/1999 è disciplinata dagli articoli 399 e 401 del decreto legislativo del 16 aprile 1994, n. 297, recante testo unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione (supplemento ordinario alla GURI n. 115 del 19 maggio 1994; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 297/1994»).
21      L’articolo 399, comma 1, di tale decreto così dispone:
«L’accesso ai ruoli del personale docente della scuola materna, elementare e secondaria, ivi compresi i licei artistici e gli istituti d’arte, ha luogo, per il 50 per cento dei posti a tal fine annualmente assegnabili, mediante concorsi per titoli ed esami e, per il restante 50 per cento, attingendo alle graduatorie permanenti di cui all’art. 401».
22      L’articolo 401, commi 1 e 2, di tale decreto stabilisce quanto segue:
«1.      Le graduatorie relative ai concorsi per soli titoli del personale docente della scuola materna, elementare e secondaria, ivi compresi i licei artistici e gli istituti d’arte, sono trasformate in graduatorie permanenti, da utilizzare per le assunzioni in ruolo di cui all’art. 399, comma 1.
2.      Le graduatorie permanenti di cui al comma 1 sono periodicamente integrate con l’inserimento dei docenti che hanno superato le prove dell’ultimo concorso regionale per titoli ed esami, per la medesima classe di concorso e il medesimo posto, e dei docenti che hanno chiesto il trasferimento dalla corrispondente graduatoria permanente di altra provincia. Contemporaneamente all’inserimento dei nuovi aspiranti è effettuato l’aggiornamento delle posizioni di graduatoria di coloro che sono già compresi nella graduatoria permanente».

Il diritto dell’Unione Europea- La direttiva 1999/70-Migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato

Il diritto dell’Unione
 La direttiva 1999/70
3        La direttiva 1999/70 è fondata sull’articolo 139, paragrafo 2, CE e, ai sensi del suo articolo 1, è diretta ad «attuare l’accordo quadro (…), che figura nell’allegato, concluso (…) fra le organizzazioni intercategoriali a carattere generale [Confederazione europea dei sindacati (CES), Unione delle confederazioni dell’industria e dei datori di lavoro dell’Europa (UNICE), Centro europeo delle imprese a partecipazione pubblica (CEEP)]».
4        La clausola 1 dell’accordo quadro così recita:
«L’obiettivo del presente accordo quadro è:
a)      migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione;
b)      creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato».
5        La clausola 2 dell’accordo quadro, intitolata «Campo d’applicazione», prevede quanto segue:
«1.      Il presente accordo si applica ai lavoratori a tempo determinato con un contratto di assunzione o un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore di ciascuno Stato membro.
2.      Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali e/o le parti sociali stesse possono decidere che il presente accordo non si applichi ai:
a)      rapporti di formazione professionale iniziale e di apprendistato;
b)      contratti e rapporti di lavoro definiti nel quadro di un programma specifico di formazione, inserimento e riqualificazione professionale pubblico o che usufruisca di contributi pubblici».
6        La clausola 3 dell’accordo quadro, intitolata «Definizioni», così prevede:
1.      Ai fini del presente accordo, il termine “lavoratore a tempo determinato” indica una persona con un contratto o un rapporto di lavoro definiti direttamente fra il datore di lavoro e il lavoratore e il cui termine è determinato da condizioni oggettive, quali il raggiungimento di una certa data, il completamento di un compito specifico o il verificarsi di un evento specifico.
(…)».
7        La clausola 4 dell’accordo quadro, intitolata «Principio di non discriminazione», prevede, al suo punto 1, quanto segue:
«Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive».
8        Ai sensi della clausola 5 dell’accordo quadro, intitolata «Misure di prevenzione degli abusi»:
«1.      Per prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a:
a)      ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;
b)      la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;
c)      il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.
2.      Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato:
a)      devono essere considerati “successivi”;
b)      devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato».

Sentenza Corte Costituzionale n.76/2013- Giudizio GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA PRINCIPALE Presidente MAZZELLA - Redattore MATTARELLA

Sentenza  76/2013
GiudizioGIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA PRINCIPALE
Presidente MAZZELLA - Redattore MATTARELLA
Udienza Pubblica del 13/03/2013    Decisione  del 22/04/2013
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 8 della legge della Regione Lombardia 18 aprile 2012, n. 7 (Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 19-21 giugno 2012, depositato in cancelleria il 22 giugno 2012 ed iscritto al n. 98 del registro ricorsi 2012.
(...)Omissis
Ritenuto in fatto
1.— Con ricorso spedito per la notifica il 19 giugno 2012 e depositato nella cancelleria di questa Corte il 22 giugno 2012, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha proposto, in riferimento all’articolo 117, secondo comma, lettere g), m) ed n), e terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 8 della legge della Regione Lombardia 18 aprile 2012, n. 7 (Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione), che ha modificato in parte l’art. 3 della legge della Regione Lombardia 6 agosto 2007, n. 19 (Norme sul sistema educativo di istruzione e formazione della Regione Lombardia).
Il testo della disposizione impugnata è il seguente:
«1. Alla L.R. 19/2007 è apportata la seguente modifica:
a) dopo il comma 2 dell’articolo 3 sono aggiunti i seguenti:
“2-bis. Al fine di realizzare l’incrocio diretto tra la domanda delle istituzioni scolastiche autonome e l’offerta professionale dei docenti, a titolo sperimentale, nell’ambito delle norme generali o di specifici accordi con lo Stato, per un triennio a partire dall’anno scolastico successivo alla stipula, le istituzioni scolastiche statali possono organizzare concorsi differenziati a seconda del ciclo di studi, per reclutare il personale docente con incarico annuale necessario a svolgere le attività didattiche annuali e di favorire la continuità didattica.
2-ter. È ammesso a partecipare alla selezione il personale docente del comparto scuola iscritto nelle graduatorie provinciali ad esaurimento.
2-quater. Le modalità di espletamento del bando di concorso sono definite, nel rispetto dei principi di imparzialità, trasparenza e pubblicità, con deliberazione della Giunta regionale, sulla base dell’intesa di cui al comma 2-bis.
2-quinquies. La Giunta regionale relaziona semestralmente sulla sperimentazione alla commissione consiliare competente”».
2.— Tale disposizione, consentendo alle istituzioni scolastiche, sia pure a titolo sperimentale, di procedere all’organizzazione di concorsi ed al reclutamento del personale docente «nell’ambito delle norme generali o di specifici accordi con lo Stato», oltrepasserebbe i limiti della potestà normativa della Regione, ponendosi in evidente contrasto con una cospicua serie di norme statali, soprattutto nella parte in cui, con formulazione poco chiara, consente che tali concorsi si svolgano anche in assenza di un accordo tra lo Stato e la Regione.
(...)Omissis
                                  Considerato in diritto
(...)Omissis

3.— Nel merito, la questione è fondata.
La norma impugnata consente alle istituzioni scolastiche – secondo quanto riportato in precedenza – di «organizzare concorsi differenziati a seconda del ciclo di studi, per reclutare il personale docente con incarico annuale necessario a svolgere le attività didattiche annuali e di favorire la continuità didattica»; a tali selezioni è ammesso a partecipare – in base al comma 2-ter dell’art. 3 della legge reg. Lombardia n. 19 del 2007, modificato dalla norma oggi in esame – soltanto «il personale docente del comparto scuola iscritto nelle graduatorie provinciali ad esaurimento». In base al sistema così creato, quindi, ciascun istituto scolastico statale ha la possibilità, alle condizioni indicate, di bandire i concorsi per il reclutamento dei docenti precari con incarico annuale.
È evidente, però, che in tal modo la Regione dispone in merito all’assunzione di una categoria di personale, appunto quello docente, che è inserito nel pubblico impiego statale. Come questa Corte ha avuto modo di rilevare, infatti, con le sentenze n. 37 del 2005 e n. 147 del 2012 – l’una in riferimento al c.d. personale ATA e l’altra in rapporto alla diversa posizione dei dirigenti scolastici – nell’attuale quadro normativo il personale scolastico è alle dipendenze dello Stato e non delle singole Regioni. Ne consegue che ogni intervento normativo finalizzato a dettare regole per il reclutamento dei docenti non può che provenire dallo Stato, nel rispetto della competenza legislativa esclusiva di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., trattandosi di norme che attengono alla materia dell’ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato.
La disposizione in esame si inserisce nel corpo dell’art. 3 della legge reg. Lombardia n. 19 del 2007, norma titolata «Valorizzazione dell’autonomia scolastica». Ora, il fatto che la previsione di concorsi per l’assunzione del personale docente sia inserita in tale ambito non muta i termini della questione, perché la valorizzazione dell’autonomia non può spingersi fino al punto di consentire ai singoli istituti scolastici di scegliere il proprio personale docente con concorsi locali. Né a diversa conclusione può pervenirsi per il fatto che la legge regionale in esame limita la possibilità di assunzione del personale docente – scelto nell’ambito delle graduatorie provinciali ad esaurimento – ai soli incarichi annuali, avendo come obiettivo quello di favorire la continuità didattica; anche il personale docente assunto con contratto a tempo determinato fa ugualmente parte del pubblico impiego.
La previsione della possibilità di reclutare tale personale con modalità stabilite da una legge regionale, quindi, oltre ad essere del tutto eccentrica rispetto all’ordinamento nel suo complesso, è in evidente contrasto con il menzionato parametro costituzionale.
4.— Va, quindi, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 della legge della Regione Lombardia n. 7 del 2012, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione.
Gli ulteriori parametri costituzionali richiamati rimangono assorbiti.

Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 della legge della Regione Lombardia 18 aprile 2012, n. 7 (Misure per la crescita, lo sviluppo e l’occupazione).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 aprile 2013.
F.to:
Luigi MAZZELLA, Presidente
Sergio MATTARELLA, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 24 aprile 2013.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI

sabato 27 giugno 2015

Da: gianmarco.centinaio@senato.it
Data: 25-giu-2015 8.28
A: "marinapannone@libero.it"<marinapannone@libero.it>
Ogg: Re: Lettera aperta sulla Riforma della Scuola

SCUOLA: CENTINAIO, LEGA VOTERA' CONTRO LA FIDUCIA

ROMA, 24 GIU "La scuola di Renzi? E' pessima. Altro che assunzioni subito, questo provvedimento è solo l'ennesima presa in giro agli insegnanti che ancora una volta saranno umiliati da un premier che racconta solo bugie. Il governo usa ancora la fiducia bavaglio per imporre una legge che non è condivisa neanche da tutta la maggioranza. Noi per coerenza e per convinzione porteremo avanti la nostra battaglia e faremo un'opposizione durissima alla fiducia e a un testo che è da bocciare come tutto il governo. La Lega non fa sconti: Renzi se lo metta in testa".

mercoledì 24 giugno 2015

Lettera aperta al Presidente della Repubblica, ai Senatori, ai Deputati.
Con la presente si intende sottoporre alla Loro pregiata attenzione le riflessioni nate a seguito di un Tavolo tecnico, ad Afragola (Na) l’otto giugno 2015, a cui hanno preso parte Professori Universitari, Direttori di riviste scientifiche, Giornalisti, Dirigenti Scolatici, D.S.G.A, Docenti, Rappresentanze sindacali, Associazioni di categoria, Albi professionali, Associazioni Culturali, Genitori, Circoli Universitari, liberi cittadini, all’indomani dell’approvazione del Testo del Disegno di Legge A.S. 1934 (Riforma del sistema nazionale di istruzione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti) da parte della Camera dei Deputati.
La centralità del Convegno ha visto in primo piano, al di là di ogni logica economicistica e aziendalistica, l’interesse del minore e la salvaguardia della sua serenità di studente motivato.
Al termine del dibattito, l’Assemblea, composta da centinaia di persone, ha istituito il Comitato “A scuola per passione”, con la nomina della scrivente prof.ssa Marina Pannone, come referente con le Istituzioni.
Ne è seguito uno studio attento e approfondito, anche se celere, in considerazione della velocità dei tempi previsti per l’approvazione del Disegno, nato, nella sua originaria formulazione, come uno scarno documento di carattere economico, che si è via via arricchito di buoni propositi, senza che gli stessi siano stati supportati da un sostegno finanziario adeguato, come ampiamente dimostrato dalla onnipresente espressione “il tutto senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica”.
Alla luce dell’analisi del suindicato Disegno di legge, in via preliminare ci si chiede:
Perché agganciare l’assunzione dei precari alla cosiddetta “Riforma della Scuola”?
L’assunzione dei precari non è forse un obbligo imposto dalla Corte di Giustizia Europea, Terza Sezione, con la Sentenza n. 76 del 26 novembre 2014?
Perché il Parlamento deve dismettere la propria funzione primaria di approvare le leggi?
Conferire deleghe in bianco al Governo su una funzione così delicata e di interesse nazionale, quale quella dell’istruzione, non contrasta forse con la Costituzione all’art. 117 comma lettere g) m) n).?
 Ed ancora ci si domanda come intende la “Buona Scuola”:
1. innalzare i livelli di istruzione?
2. prevenire e recuperare l’abbandono scolastico?
3. garantire il diritto allo studio per tutti gli studenti?
4. educare in modo permanente tutti i cittadini?
Orbene, se tali sono gli obiettivi,
·         Perché la Riforma non parla della centralità dell’alunno quale attore del processo dinamico di insegnamento-apprendimento?
·         Perché inserisce nella scuola il clima dell’azienda e della competizione tra i docenti, se il compito della comunità educante tra pari è quello di formare coscienze libere?
·         Perché non reca alcun cenno alla possibilità di sostenere gli alunni capaci e meritevoli come previsto dall’ancora in vigore art. 34 della Costituzione, che recita: "La scuola è aperta a tutti. I capaci ed i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi"?
·         Perché non fa alcun cenno a quali strategie utilizzare contro la dispersione scolastica, che in Italia oscilla tra il 15% e il 30%, e costituisce la vera piaga sociale delle scuole pubbliche?
·         Perché intende far crescere i cittadini del futuro in un ambiente educativo e formativo viziato da logiche aziendali e non più improntato alla serenità della “comunità dei pari” e del Preside in quanto primus inter pares?
·         Perché sovraccarica i dirigenti scolastici, alterandone e ampliandone - in modo illogico - il ruolo dirigenziale esponendoli alla mercé di imprenditori al fine di accaparrarsi sponsorizzazioni a favore della propria scuola? Con questi presupposti, gli sponsor non andrebbero a interferire sull’organizzazione e sull’andamento didattico della scuola, condizionandone i processi educativi di apprendimento, formazione e valutazione, che devono essere liberi e svincolati dalla logica del profitto e del tornaconto personale?
·         Perché non indica modalità e mezzi per educare in modo permanente i cittadini?
·         Perché impedisce a un docente di lavorare per il solo fatto di aver già lavorato per 36 mesi?
·         Perché ostacola la continuità didattica, tanto invocata al fine del raggiungimento del pieno successo formativo, in violazione dell’art. 34 della Costituzione?
Se il punto di partenza è riformare la Scuola, ci si è chiesti:
·         Quale è il compito della Scuola oggi?
Non è forse quello di formare cittadini responsabili e competenti sulla base di livelli standard uniformi a livello nazionale ed europeo?
·         Quali sono i destinatari del processo dinamico di insegnamento apprendimento in una classe?
27-35 alunni tutti diversi tra loro (e non 27-35 paia di scarpe tutte uguali).
·         Cosa fa un docente prima di entrare in classe?
a.    Cerca di individuare gli stili di apprendimento dei singoli allievi;
b.    Modula gli obiettivi da perseguire;
c.     Formula percorsi volti ad adeguare la programmazione didattico-educativa alla realtà di quel gruppo classe;
d.    Individua strategie metodologiche da utilizzare;
e.    Sceglie il linguaggio più adatto al contesto;
f.     Elabora il materiale didattico;
g.    Predispone prove di verifica in itinere, con correzione, restituzione di feedback e monitoraggio rispetto agli obiettivi prefissati.
Perché, invece, tacere sul fatto che i docenti:
·         sereni costituiscono un modello da emulare per gli allievi in crescita?
·         non hanno più alcun mezzo a disposizione per incentivare gli alunni a studiare se non quello di creare e favorire un ambiente stimolante per l’apprendimento?
·         sono chiamati continuamente ad auto-aggiornare i loro metodi di insegnamento in virtù della continua innovazione tecnologica?
·         hanno a disposizione strumenti del XIX secolo quando viene invece richiesta la formazione degli allievi in una dimensione digitale del XXI secolo?
·         svolgono una continua opera di mediazione, di integrazione, di inclusione nonché di risoluzione di conflitti all’interno del gruppo classe (con tutte le difficoltà che ne derivano), cercando di mantenere costantemente un sano ed equilibrato ambiente di insegnamento-apprendimento?
·         producono a distanza, allorché gli alunni – divenuti politici, imprenditori, dirigenti, insegnanti, impiegati, ricercatori, professionisti, tecnici, operai… insomma, cittadini responsabili-  possano utilizzare le abilità acquisite, mettendo in pratica le competenze per aver interiorizzato le conoscenze?
A proposito dei Tagli alla spesa pubblica, perché tacere sul fatto che:
·         si denomina Riforma del Sistema Nazionale di Istruzione un Disegno di legge che si limita a considerare la scuola come un’azienda da ristrutturare in senso verticistico?
·         sono già stati enormemente tagliati i fondi alle scuole al punto che le stesse non sono più in grado di finanziare la formazione dei docenti, dei genitori, degli alunni, né di finanziare la progettazione e/o la produzione di materiale didattico laboratoriale, né addirittura di fotocopiare schede didattiche?
·         nonostante la maggior parte degli edifici scolastici versino in condizioni disastrose, un esercito di persone scende ogni giorno in campo per svolgere il proprio lavoro mettendo a repentaglio la propria incolumità?
·         a fronte della individuazione degli alunni “BES” non sono state predisposte risorse e strumenti per soddisfare i Bisogni Educativi Speciali, lasciando le scuole completamente in balia delle onde?
·         la previsione dell’insegnamento obbligatorio della DNL (disciplina non linguistica) in lingua straniera resta un’affermazione di principio, senza fornire i mezzi finanziari idonei a garantire la sua concreta ed efficace attuazione?
·         sono necessari strumenti per la formazione continua, in considerazione dell’elevato costo dei master universitari e dei corsi di alta formazione (che vanno dai 3000 ai 5000 euro)?
·         sono indispensabili mezzi e strumenti per incentivare gli alunni a studiare?
·         risulta impossibile pensare di uscire dalla crisi - che tanto gravemente colpisce il nostro Paese - senza investire in maniera adeguata sull’istruzione dei giovani e sul loro futuro?
A fortiori si rilevano profili di incostituzionalità del nuovo modello di scuola previsto dal Disegno di legge in questione - poiché la Riforma così come è formulata:
1.  Non garantisce livelli omogenei di istruzione per tutti gli alunni su tutto il territorio nazionale in contrasto con l'art. 3 della Costituzione comma 1 laddove recita: "Tutti i cittadini hanno parità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politica, di condizioni personali e sociali" e con l’art.3. comma 2 laddove prevede che “É compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”; nonché con l’art. 30 della Costituzione laddove recita: "La scuola è aperta a tutti” e con la Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, sull'istituzione di un quadro europeo di riferimento per la garanzia della qualità dell'istruzione e della formazione professionale (EQAVET) del 18 giugno 2009.
2. Crea delle ingiustificate disparità di trattamento nell’accesso ai ruoli docenti in contrasto con l'art. 97 Cost. comma 4: "Agli impieghi nelle pubbliche amministrazione si accede per concorso";
 3. Non riconosce gli incentivi in favore di famiglie di alunni capaci e meritevoli, in contrasto con l'art. 34 della Costituzione in cui è detto: “I capaci ed i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.";
4.  Viola la libertà di insegnamento nel momento in cui attribuisce le scelte didattiche al Dirigente Scolastico, a cui è anche affidato il compito di valutare (rectius valorizzare) il merito dei docenti, in contrasto con l’art.33 della Costituzione nella parte in cui recita “L’arte e la scienza sono libere e libero ne é l’insegnamento.”;
5.  Depaupera la funzione primaria della Scuola “Pubblica” di istruzione per contrasto con l'art. 34 della Costituzione, in cui è detto: "La scuola è aperta a tutti”;
6.  Crea una ingiustificata disparità di trattamento in contrasto con l’art. 3 della Costituzione sul diritto di uguaglianza  riguardo alla previsione del bonus solo per le famiglie che iscrivono i figli alla scuole private e non anche per quelle che scelgono le scuole pubbliche;
7. Contrasta con l’art. 30 della Costituzione laddove recita “è diritto dovere dei genitori istruire i propri figli”. Le famiglie non avranno più l’opportunità di formare i propri figli nella scuola pubblica come espressione di coesione, di unità e di eguaglianza civica;
8. Elude l’art.117 della Costituzione laddove recita “Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; n) norme generali sull’istruzione, attraverso il conferimento delle deleghe in bianco al Governo;
9. Viola il principio del concorso pubblico (art. 97 Cost.) per l’irragionevolezza dell’esclusione degli idonei dal Piano straordinario di assunzioni (art. 3 Cost.); lede il principio dell’affidamento (art. 2 Cost.) all’art. 8 del ddl 2994, laddove al comma 4 reca, infatti, una deroga espressa all’art. 399 del Testo unico in materia di istruzione (d.lgs. n. 297 del 1994), dove si stabilisce che il reclutamento dei docenti attinga per il 50% dalle graduatorie concorsuali e al comma 10 del medesimo art. 8 esclude dal Piano straordinario di assunzioni gli idonei collocati nelle graduatorie di merito del concorso del 2012, disponendo che dal 1º settembre 2015 tali graduatorie «perdono efficacia» e derogando perciò alla regola che ne stabilisce la validità triennale;
10. Mette in evidenza il contrasto tra l’art. 8 del ddl 2994 che prevede l’assunzione di 100.701 unità di personale docente, fra cui 16.835 su «posti già vacanti o disponibili», 7.623 su «posti stabili già attivati (spezzoni)» (cfr. la Relazione tecnica, pag. 38) e le previsioni di spesa contenute nella Legge di Stabilità 2015 che coprivano l’assunzione di circa 148.000 docenti in violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione.
Tanto premesso, si chiede che il Governo spieghi con puntualità e precisione esattamente al  Presidente della Repubblica, al Parlamento e, dunque, ai Cittadini:
1. Che cosa intende per “Riordino” delle disposizioni legislative in materia di istruzione di cui all’art 22 (Delega al Governo in materia di sistema nazionale di istruzione e formazione);
2. Quali sono le ragioni oggettive che giustificano l’adozione di un unico DDL in materia di riforma scolastica;
3. Come si colloca l’attuale disegno di legge nella parte in cui prevede:
a)    la stipula dei contratti a tempo determinato per un periodo non superiore a tre anni;
b)     la chiamata diretta da parte dei Dirigenti Scolastici;
 rispetto alla direttiva 1999/70 dell’UE, che è finalizzata ad «attuare l’accordo quadro (…), la cui clausola 1 così recita: «L’obiettivo è: a) migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione; b) creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato».
In virtù di tutti gli interrogativi posti alla pregiata attenzione del Presidente della Repubblica, dei Senatori e dei Deputati, con il presente documento si invitano le SS.LL. a vagliare le seguenti proposte:
1.    Chiedere il ritiro del Disegno di legge con lo stralcio della parte relativa alle assunzioni, auspicando una riflessione attenta, meditata sull’importanza a livello nazionale del settore Istruzione.
2.    Stralciare le deleghe in bianco contenute nel progetto di riforma contenute nell’art. 22 del disegno di legge e vietate dalla Costituzione all’art.70 in considerazione della delicatezza della materia trattata.
3.    Implementare le assunzioni da 100.701 a 148.000 docenti così come previsto dalla legge di stabilità 2015, estendendo i posti residui agli idonei collocati nelle graduatorie di merito del concorso del 2012.
4.    Istituire tavoli tecnici di lavoro, composti da Esperti (Università, Scuole, Associazioni Sindacali e di categoria, Cittadini) sulla riprogettazione della Riforma della Scuola che parta dall’analisi dei bisogni degli alunni, delle famiglie, di tutto il personale Scolastico, della comunità educante, del territorio, del mercato del lavoro e della formazione universitaria, attraverso uno screening di tutte le realtà territoriali facenti capo alle singole Istituzioni scolastiche e riformulando i percorsi educativi e didattici alla luce dell’ indagine effettuata, tenuto conto dei nuovi livelli di competenze richiesti a livello europeo.
5.    Seguire l’iter legislativo ordinario per un disegno di legge che sia completo in tutte le sue parti all’esito dei lavori di cui al punto 3 prevedendo un adeguato sostegno finanziario per il settore Istruzione ai sensi dell’art.81. Cost.
6.    Prevedere l’accesso ai ruoli docenti anche dei neolaureati mediante concorso pubblico ordinario.
7.    Estendere il bonus alle famiglie anche per le iscrizioni alle scuola pubbliche.
Restando a disposizione per eventuali audizioni e chiarimenti si indicano: http://ascuolaperpassione.blogspot.it/  mail: ascuolaperpassione@libero.it

Grazie, a nome di quanti hanno a cuore la Scuola.